La SLA è una malattia cronica che modifica profondamente la vita. Chi ne è colpito non potrà fronteggiarla da solo: avrà bisogno degli altri per muoversi, per mangiare, per comunicare, per respirare. Normalmente questi bisogni primari non pesano sulla relazione tra persone adulte, sane e indipendenti.
La SLA, però, comporta un cambiamento: la famiglia, gli amici, i colleghi, i medici, lo psicologo, gli infermieri, il personale d’assistenza possono diventare risorse preziose per aiutare chi ne è colpito a superare gli ostacoli che la malattia comporta. Insieme agli altri gli sarà più facile trovare le cure e gli ausili capaci di ridurre i sintomi e di fargli conservare la maggior autonomia possibile. Purtroppo, nel nostro Paese l’offerta di cure appropriate è ancora largamente insufficiente: i pazienti con SLA che riescono a usufruirne sono infatti una minoranza.
Troppo spesso, dopo la diagnosi, prevale un clima di sfiduciato disimpegno e di rinuncia terapeutica. I pazienti e i loro familiari sono poco e male informati; non conoscendo la malattia non possono, quindi, contrastarne gli effetti negativi. Alcuni medici, che pure conoscono la SLA, sembrano ignorare l’esistenza di concrete possibilità di cura.
D’altra parte va detto che intervenire in modo appropriato e tempestivo è molto difficile: non basta la buona volontà. Sono necessarie competenze specifiche e diverse che solo un gruppo di lavoro può garantire. L’équipe può essere costituita dal medico di base, dal neurologo e dal personale d’assistenza, o arrivare a comprendere neurologo, neurofisiologo, fisiatra, pneumologo, rianimatore, gastroenterologo, psicologo, dietista, ortofonista, fisioterapista, fisioterapista esperto in ausili, infermieri particolarmente formati, assistente sociale.
Gli interventi dei vari specialisti dovrebbero comunque essere coordinati da un unico medico curante (in genere il medico di base o il neurologo) e il paziente dovrebbe (come nel caso di tutte le malattie croniche) poter essere assistito presso la propria abitazione. In Italia gruppi di lavoro di questo tipo sono purtroppo rari. Il loro esempio dimostra, tuttavia, che è possibile agire sulla malattia e migliorare la qualità di vita di chi ne è colpito e dei suoi familiari.
Quanto accennato richiede progetti finalizzati a rimuovere ostacoli culturali e strutturali quali la separazione tra servizi ospedalieri e servizi per le cure domiciliari o la tendenza a inseguire risposte miracolose lontano da casa. In ogni caso, una maggiore conoscenza della SLA e delle sue problematiche socio- assistenziali rappresenta il primo passo per tutelare il diritto alla cura del malato. Come pubblicato sul Supplemento ordinario alla “Gazzetta Ufficiale” n. 226 del 25/9/1999, “i soggetti affetti da pluripatologie che abbiano determinato grave e irreversibile compromissione di più organi e apparati”, tra cui rientrano i pazienti con SLA (gruppo riconosciuto con cod. 049), sono esenti dal pagamento del ticket. Inoltre, i malati di SLA possono ottenere dal Centro di riferimento l’esenzione per malattia rara con codice RF0100, che dà diritto a una serie di agevolazioni sugli ausili (per esempio carrozzine, comunicatori, modifiche dell’ambiente domestico) e alla rimborsabilità di farmaci anche normalmente non mutuabili perché prescritti con piano terapeutico da un Centro SLA accreditato.
Diagramma di approfondimento: